Associazione Sportiva Dilettantistica “Arcieri del Mare”

I miei ricordi legati al tiro con l’arco risalgono agli anni del liceo, fine anni ’90. C’era un mio compagno di scuola che frequentava la compagnia, in quegli anni fresca di fondazione (dato che è nata nel 1996) e ogni tanto mi raccontava che “andava a tirare al Forte” (Falcone, prima sede degli Arcieri del Mare) e che aveva un “compound”. Mi ricordo benissimo che parlava di persone che si chiamavano Daniela, Stefano, Patrizio… Ai tempi non ero molto interessato allo sport purtroppo, quindi queste notizie mi passavano così, come quando uno ti racconta qualcosa di cui ti importa poco. Passano tanti anni.

Era dicembre del 2013 quando, per puro caso, io e Debora incontrammo il nostro amico Walter per strada. Tra una chiacchiera e l’altra, ci disse “Stasera sarò in palestra a tirare con l’arco. Perché non venite a provare?”. Ci guardammo un secondo per poi rispondere a Walter: “perché no?”. Alla fin fine, se ci pensiamo bene, tutti noi abbiamo ammirato qualcuno tirare con l’arco: che siano film, cartoni animati, fumetti… l’arco fa parte della nostra cultura da secoli e millenni, ma non ci prestiamo molta attenzione, è una cosa che diamo quasi per scontata.

Decidiamo quindi di andare quella sera: era forse un martedì, ci diamo appuntamento con Walter e andiamo in quella che per tanti anni sarà la palestra degli Arcieri del Mare, ad oggi inaccessibile per lavori esterni, e chissà se lo sarà mai più. In pieno centro storico di Portoferraio, è una specie di stanzone a volta che probabilmente era un magazzino napoleonico (è proprio sotto la Villa dei Mulini) fatto di mattoni rossi. L’aria lì dentro non è proprio salubre ma ha un fascino, una luce, un’atmosfera che qualsiasi edificio moderno, per quanto attrezzato, non può eguagliare.

Walter ci presenta alcuni arcieri lì presenti, in particolare Lisa, l’allora segretaria, che ci dà il benvenuto. C’era anche Giuliana, che ci farà scoccare le prime frecce, e che diventerà in primis la nostra istruttrice, poi una nostra grande amica. Era presente anche tanta altra gente che tirava, che chiacchierava, che stava lì a guardare altri che tiravano. L’emozione delle prime frecce me la sono un po’ dimenticata, devo essere sincero. So solo che dopo un rapido “consulto” con Debora decidiamo di informarci per fare il corso. Ci vengono date subito le informazioni necessarie e pensiamo che la cosa fa per noi. Da quel giorno fino all’inizio del corso tornammo varie volte in palestra, addirittura ci venne dato subito in prestito un arco per ciascuno! Ci fecero partecipare (come spettatori) alla famigerata garetta di Natale, in cui si erano inventati dei giochini assurdi tipo tirare da un triciclo in movimento, oppure a delle palle di spugna che venivano giù da un argine, insomma sembrava veramente divertente, eravamo ancora più convinti di fare parte di questa associazione. Inoltre fino a quel momento si pensava che tirare con l’arco fosse quello che normalmente si vede in tv quando ci sono le olimpiadi, cioè il tiro “ai cerchi colorati”. Invece qui si tirava a dei bersagli a forma di animale, nel bosco.

Il corso iniziò dopo poco e… da quel momento in poi, né io né Debora avremmo potuto sapere quanto questo sport, questa compagnia, queste persone che ne fanno parte avrebbero stravolto in tutti i sensi la nostra vita. Sì, perché da quel momento in poi gli Arcieri del Mare divennero un impegno – e tale è, un impegno anche gravoso, dato che a maggio del 2014 entrai subito a far parte del consiglio direttivo senza più uscirne – ma anche una gioia immensa a cui sarebbe molto difficile rinunciare. Certo, ci sono stati alti e bassi (anche molto bassi) come in tutte le famiglie, ma nessuno mi tocchi gli Arcieri del Mare!

In tutti questi anni il mio approccio verso questo sport è cambiato molto. Ho provato diverse tipologie di arco, iniziando con il ricurvo tradizionale, ho avuto una piccola parentesi “storica”, per poi passare stupidamente ad un longbow con tante libbre, e infine cadere in un pozzo senza fondo di target panic, che poi è proseguito anche con l’arco nudo. Ho scritto un articolo qualche anno fa in cui racconto le mie esperienze su questa cosa. Fortunatamente non ho mollato, ho lavorato molto sul migliorare la mia tecnica praticamente da autodidatta, finché infine non ho apportato un cambiamento radicale al mio modo di tirare che mi ha fatto superare tutto, e mi ha fatto tornare la voglia di fare le gare e di divertirmi. Non scriverò qui che cambiamento ho fatto: è una cosa che normalmente non si fa, e non voglio “pubblicizzarla”. Alcuni di quelli che mi conoscono lo sanno e questo mi basta (oh, niente di irregolare però! 😄). Come scrissi in quell’articolo, ognuno dentro di sé ha la soluzione al target panic, io ho trovato la mia.

Una volta ripresa in mano la mia vita arcieristica, ripartii con le gare regionali FIARC, migliorando i miei punteggi una gara dopo l’altra. Pensai che i tempi erano maturi per partecipare anche al campionato italiano indoor FIARC di San Marino nel 2022, per me una prova del nove, in quanto tutto era partito un po’ di anni prima proprio ad un campionato indoor. Di quell’occasione sì che ricordo il cuore che batteva a mille al primo fischio di avvio gara, la paura di tornare di nuovo nell’abisso ma la certezza che invece l’avrei superato… e così è stato. Il movimento fu fluido, l’ancoraggio era corretto, il tempo per scoccare era quello giusto, la freccia arrivò al bersaglio: avevo battuto il target panic! Il cerchio si era finalmente chiuso. Citando ancora il mio articolo, non si deve abbassare la guardia. Ogni tanto il demone si affaccia, ma so come affrontarlo e come gestirlo, con specifici esercizi che ormai fanno parte del mio allenamento.

Iniziai a partecipare anche a gare di altre federazioni, i 3D Fitarco e le FIDASC, e fu proprio qui che ottenni il mio primo podio ad una gara di tipologia Hunter. Ricordo ancora l’enorme emozione, dopo anni e anni di gare senza neanche avvicinarmici lontanamente! Tra l’altro salii sul secondo gradino, accanto al grande Mario Abballe.

In questi ultimi 3 anni ho collezionato qualche altra medaglia nelle 3 federazioni in cui tiro, o comunque ci sono andato spesso molto vicino, segno che l’impegno che ci ho messo ha dato i suoi buoni frutti. Ora credo di essere arrivato ad un punto che l’allenamento che faccio (poco, a dire la verità) non è più sufficiente. Il livello degli arcieri è in crescita, ci sono sempre più arcieri (bravi) che tirano con l’arco nudo, e quindi l’unico modo… è allenarsi ancora di più, migliorarsi ancora di più, sia nella tecnica che nella testa. Tutto questo chiaramente senza grandi pretese: so che posso arrivare fino ad un certo punto, ho una famiglia, un lavoro, e da 5 anni pratico anche un altro sport, la corsa, che mi sta dando un sacco di gioie.

Questa è la mia storia arcieristica riassunta in pochi paragrafi, ma cosa è per me il tiro con l’arco?

Innanzitutto è condivisione: è una passione che ho in comune con la mia compagna Debora, che ci unisce e ci fa apprezzare ancora di più il tempo passato insieme. È amicizia: ho conosciuto tantissime belle persone, molte delle quali sono diventate amiche. È impegno: senza mettersi in gioco, senza uscire dalla propria zona di comfort, e soprattutto senza allenamento (come in qualsiasi sport) non si progredisce. E questo vale nell’arco come nella vita. È magia: quando la freccia va dove vuoi te, sapendo che hai fatto correttamente tutto quello che dovevi fare, è una sensazione particolare, come se ci fosse un qualche intervento esterno che la indirizza verso il bersaglio.

Nota: alcune delle foto presenti in questo articolo sono di Chiara Pagliarin, degli Arcieri del Tiburzi.


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